a cura di Riccardo Piaggio

sviluppo e coordinamento editoriale pourparler

Autore Franco Cuaz

Introduzione Claudio Gregori

Graphic design Valentina Sesia

Editore Silvana editoriale

per info e acquisto

Sono i passi di Annibale, Carlo Magno e Napoleone, porte di gloria. Li circonda il mito. Per molti, però, rappresentano l'accesso all'Italia, alla cultura, alla bellezza. Oppure, sono la via di salvezza per gli emigranti, la via della fortuna per i mercanti. Per tutti,il Grande e Piccolo San Bernardo sono porte d'avventura, d'ardimento.

(dall'introduzione al volume, di Claudio Gregori)

A febbraio del 1989, per mia curiosità, ho raccontato in dieci pagine dattiloscritte la storia del Gran San Bernardo. Sapevo che una storia vera e propria del passo avrebbe richiesto un ben maggiore impegno. Il testo di oggi è frutto di quell'impegno ed è, rispetto al testo di allora, tutt'altra cosa, non soltanto per le sue dimensioni. Non ho considerato le vicende dei duemila e più anni del colle nell'angolo a nord-ovest delle Alpi come a sé stanti. Le ho sempre inserite in un contesto più ampio. Questo mi ha portato a "incursioni" in avvenimenti storici, legati, a volte, all'oggetto del testo soltanto da un tenue filo. Così ho fatto, per non citare che un esempio, per il passaggio al colle dell'armata di Napoleone Bonaparte. In particolare debbo molto di quanto ho scritto al saggio di Gerold Walser, pubblicato nel 1984 a Wiesbaden, dal titolo "Beiträge zur Geschichte des Grossen St. Bernhard - Passes zur Römischer Zeit" (Contributi alla storia del passo del Gran San Bernardo ai tempi dei Romani), al volume, fondamentale, di 565 pagine, del canonico Lucien Quaglia, edito nel 1972 a Martigny, dal titolo "La Maison du Saint Bernard des origines aux temps actuels" e al saggio di Lucien Lathion, pubblicato nel 1978 a Neuchâtel, dal titolo "Bonaparte et ses soldats au Grand-Saint-Bernard". Ma, scrivendo della mia valle e incontrando in quelle vicende, anche di secoli fa, tanti valdostani con cognomi che mi sono familiari, mi sono sentito un po’ come fra vecchi amici. Nel ricordare molti dei personaggi, non soltanto valdostani, di quella lunga storia ho ritrovato la sensazione già provata quando ho scritto il libro su Maurice Garin, il campione di Arvier, vincitore nel 1903 del primo Tour de France. Mi è parso di averli fatti ritornare per un istante fra di noi e di avere reso loro il meritato omaggio. (Franco Cuaz)